Piu’ che dai trailer che lo hanno preceduto, promosso dall’incredibile licenziamento di Kevin Spacey per presunte molestie sessuali, al solito grazie allo stucchevole politicamente corretto imperante oggi, il nuovo film di Ridley Scott lo conferma regista buono ma mai genio. Alle prese col sequestro di Paul Getty III, e il famoso orecchio tagliato, il regista ogni tanto inciampa in qualche ricostruzione storica o in luoghi comuni sull’Italia, e cosi’ raggiunge vette di ridicolo fra dolce vita romana, Brigate Rosse (?) e altro. Christopher Plummer, l’attore sostituto in corsa di Spacey per la parte del nonno patriarca di famiglia, esce miracolato da questa vicenda, con una interpretazione super, pur non sembrando mai sfiorato dalla tragedia, piu’ disinteressato ancora alla sorte del nipote rapito di quanto nella realta’ fu il nonno all’epoca. (Quindi, forse, anche proprio grazie a questo ricalcarne esattamente il carattere….)

A tempo di record, a solo un mese dall’uscita del film nelle sale, il regista ha infatti dovuto rimpiazzare Spacey ed ha girato nuovamente tutte le scene che lo vedevano coinvolto. Con nove giorni di nuove riprese e dieci milioni di extra budget, la travagliata gestazione dell’opera è stata portata a termine e la sostituzione di Spacey, anziché essere un inconveniente per il film, si è rivelata una benedizione, come dicevamo: l’ottantottenne Christopher Plummer è ottimo nei panni del vecchio Getty e regala una performance che alza il livello qualitativo dell’intera pellicola.
“Tutti i soldi del mondo” è un equilibrato mix di thriller poliziesco e dramma familiare, la cui sceneggiatura a cura di David Scarpa è basata su un libro di John Pearson.
Roma, 1973. Il sedicenne Paul Getty III (Charlie Plummer, nessuna parentela con l’altro Plummer del film ma solo omonimia) viene rapito da criminali che chiedono un riscatto di diciassette milioni di dollari. La madre (Michelle Williams) non possiede una tale cifra e si vede costretta a chiedere aiuto all’ex suocero, l’industriale Paul Getty (Christopher Plummer), gia’ nonno di altri tredici nipoti, all’epoca l’uomo più ricco del mondo o giu’ di li’, il quale però rifiuta di pagare: “farlo, significherebbe ritrovarsi con quattordici nipoti rapiti” dichiara alla stampa. Pur apparentemente irremovibile sulla sua decisione, preferisce comunque mandare in Italia ad occuparsi del caso un ex agente della CIA (Mark Wahlberg), suo faccendiere.
Nonostante alcuni evidenti difetti, quali un doppiaggio a tratti artigianale e la presenza di stereotipi (sull’Italia, sulla Calabria, sulla Polizia di Stato), il film si lascia vedere con buon ritmo per oltre due ore in cui si alternano la messa in scena della prigionia del giovane e la duplice battaglia (lotta, piu’ che trattativa) intrapresa dalla madre per liberarlo: una con la mafia/’ndrangheta che ne tiene il figlio in ostaggio, l’altra con quell vecchio trombone del suocero. L’attrice Michelle Williams è abbastanza convincente nei panni di mamma addolorata ma lucida, così come fa il suo dovere Mark Wahlberg in versione ruvido negoziatore. Ma come detto, la scena se la prende Christopher Plummer nel ruolo di anaffettivo patriarca di una famiglia sui generis. Il suo Paul Getty Sr. è un uomo il cui senso morale è intossicato dal denaro, avendogli lui dedicato ogni momento della sua vita. C’è del fascino misterioso in questo cinico anziano che preferisce la compagnia silenziosa e fedele delle cose acquistate a quella dei propri familiari e parenti, e sfoggia la propria maniacale parsimonia / avarizia come fosse una virtù.

Da alcuni flashback impariamo qualcosa di più sui trascorsi di questo personaggione che si crede un imperatore reincarnato dai tempi dei romani, ed è invece solo uno schiavo dell’ossessione all’accumulo, tipo Paperon de’ Paperoni.

Anche se ispirata a una vicenda realmente accaduta, la sceneggiatura del film si prende diverse libertà, ora con l’impiego di dettagli romanzati (come la presenza di un rapitore che simpatizza con l’ostaggio, interpretato dal francese Romain Duris), ora con un finale che travisa in parte la verità storica dei fatti.
Pur non brillando per raffinatezza, “Tutti i soldi del mondo” resta un’opera di intrattenimento coinvolgente, in grado di far riflettere, anche, su quanto la povertà spirituale renda effimero il potere del denaro.

 

 

2 commenti su “Recensione “Tutti i soldi del mondo””

  1. Me la ricordo bene la vicenda come fosse ieri, non capisco perché ci abbiano fatto un film. Non l’ho ancora visto, e forse non andrò a vederlo. Sempre pungente e arguta la Tua recensione.

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