“Dark Crimes” è un film del 2016, presentato fuori concorso a Taormina, diretto dal regista greco Alexandros Avranas. La storia prende spunto da fatti realmente accaduti per poi, come quasi sempre accade, liberamente romanzarli, esagerarli, per produrre una opera cinematografica che dovrebbe attirare lo spettatore ancor di più della storia vera di cronaca. Dovrebbe…..

Nel 2008 un articolo di giornale portò all’attenzione un caso di cronaca molto singolare e affascinante, dal punto di vista del noir, anche se in qualche modo appartenente alla categoria del “già visto o sentito” qualche volta, in ambito giallo, almeno per gli appassionati del genere. Nel 2000 venne scoperto un cadavere torturato e incaprettato nel fiume Oder, in Polonia. Gli inquirenti non ci capiranno un accidente almeno fino al 2003, anno in cui un commissario di polizia si convinse che dietro l’omicidio ci fosse uno scrittore, e che il suo primo libro, dal titolo “Amok”, fosse in pratica una confessione, quasi come una sfida alla polizia a decifrare indizi disseminati nel libro. L’autore del libro è attualmente in carcere con una pena di venticinque anni. La storia ha avuto una forte eco, almeno in Polona, e nel 2016 è ventuo fuori questo film, scritto da Jeremy Brock.

Basato proprio su tale articolo, il film del regista greco ha una base narrativa così interessante che avrebbe potuto diventare un filmone. Dopotutto il fatto di cronaca è abbastanza incredibile. Inoltre la presenza nel cast di attori come Jim Carrey e Charlotte Gainsbourg, sembrava tale da garantire, insieme con la suspence della vicenda, una opera notevole. Invece “Dark Crimes” è abbastanza noioso, con un ritmo lento, e non riesce a fare emergere i personaggi principali nè gli attori che li interpretano.

Jim Carrey è Tadek, un detective polacco quasi in disgrazia, “l’ultimo poliziotto onesto della Polonia” e vuole coronare la propria carriera con un ultimo successo. Dopo che avviene il brutale omicidio di un abituale frequentatore di un club per adulti, il “The Cage”, il poliziotto nota che in quel locale si recava spesso anche uno scrittore che in un suo romanzo aveva raccontato un delitto praticamente identico. Partendo proprio dal libro, il detective indaga lo scrittore e la sua compagna Kasia, la quale lavorava proprio al “The Cage”. Tadek trova collegamenti sempre piu’ robusti tra il vecchio caso di omicidio ancora irrisolto e il romanzo dello scrittore, pieno di dettagli e particolari troppo accurati sul delitto. Convinto quindi di aver scovato il colpevole, si trova invece invischiato tra superiori che intralciano il suo lavoro, poliziotti corrotti, prostitute e drogate, in un groviglio di indagine.

Questa è la trama. Ma la sceneggiatura e la realizzazione, come detto, non sono state all’altezza. La suspence che si percepisce in sala non è niente in confronto a quella che poteva generarsi da un racconto più brillante di una cronaca reale così piena di spunti.

Poi c’è il grigiore dell’ambientazione polacca nella fotografia del film che, pur in parte realistico e necessario per descrivere quei luoghi, restituisce una Polonia così grigia che sembra lo stereotipo di se stessa, oltre a contribuire ad aumentare il carico di cupezza, noia e tristezza già esistenti.

Sia il talento di Jim Carrey che quello di Charlotte Gainsbourg, qui abbastanza sprecato, si era visto molto più brillante in altre occasioni. Rimane la sensazione di un’occasione persa, sia per la straordinarietà della vicenda originale, sia perché inizialmente sembrava che il regista sarebbe stato Roman Polanski, e il risultato molto probabilmente sarebbe stato migliore.

 

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