Il libro “La ragazza del KGB” di Jennie Rooney, a sua volta ispirato alla vicenda reale di Melita Norwood, fisica nucleare ed ex agente britannica arrestata per spionaggio negli anni Novanta con l’accusa di avere trasmesso all’Unione Sovietica informazioni per costruire la bomba atomica ai tempi della Seconda Guerra Mondiale, è alla base del film “Red Joan” di Trevor Nunn.
Joan Stanley è la protagonista del libro e del film, interpretata da anziana da una a tratti commovente Judi Dench, e da giovane da Sophie Cookson.
Studentessa di fisica a Cambridge, integerrima e brillante, viene a poco a poco coinvolta nel giro dei simpatizzanti comunisti che negli anni ’30 furono attivi nella prestigiosa università. La sua collaborazione alla sperimentazione della bomba atomica la rende un interessante obiettivo per convincerla a passare informazioni all’Unione Sovietica, cosa che, dopo diverse e travagliate vicende, farà con uno scopo ben preciso e, secondo il regista, non per interesse personale, ma con una motivazione intelligente e meditata.
Quello che ne risulta è un film godibile, ma forse un po’ mutilato, soprattutto nella sceneggiatura, dove si sentirebbe il bisogno di un maggiore coinvolgimento politico e personale della protagonista, e meno di una sua apparente sottomissione sentimentale a questo o quel personaggio maschile che tenta di tirala dalla sua parte, non si capisce bene se per amore o semplice strumentalizzazione.
Da questo equivoco sembra affrancarsi il personaggio interpretato da Judi Dench, che ha ben chiare in mente le cause del suo tradimento. Ma nei flashback che narrano le vicende del passato, la protagonista sembra più in balia degli avvenimenti che non di una reale e meditata strategia morale.
L’interpretazione della Dench, molto trattenuta, fatta soprattutto di primi piani e sguardi, si staglia sul resto del cast, onesto e ben strutturato, ma inevitabilmente inferiore. Forse darle maggiore spazio avrebbe anche avvantaggiato il film nel suo complesso.

 

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