Tommaso Buscetta, don Masino “‘il boss dei due mondi”, narrato in un film che non è semplicemente una biografia, ma il ritratto di un uomo controverso e per tanti ragioni distante dagli stereotipi del mafioso che abbiamo sovente visto sullo schermo.
Questo film “Il traditore” del regista (maestro di cinema) Bellocchio si può dividere in due parti. La prima, stringata e serrata, segue il filo degli avvenimenti a partire dalla fatale riunione in una villa di Palermo, sfavillante di gente elegante e di accessori e situazioni di pessimo gusto, fra i capi dei mandamenti che risulteranno perdenti, di fronte all’insorgenza dei “viddrani”, i corleonesi rampanti di Totò Riina. Scorrono sullo schermo, agghiaccianti, i numeri che contano i morti di questa guerra che sconvolse la Sicilia nei primi anni ’80.
Poi ci si sposta a Rio de Janeiro, dove Buscetta vive con la terza moglie brasiliana, e tutti i figli dei due precedenti matrimoni. In Sicilia sono rimasti solo i figli maggiori, che verrano brutalmente uccisi da Pippo Caló.
Gli avvenimenti, piuttosto precisi, vengono inframmezzati da spunti lugubri così cari a Bellocchio, i fantasmi di Buscetta: sono sogni di morte, la sua morte, il suo funerale, così tipicamente palermitano. I fantasmi del suo passato di killer che tuttavia non ha mai ambíto a fare carriera in Cosa Nostra. I ricordi familiari, con i figli piccoli, le mogli, la vita apparentemente normale, che si scontra con la criminalità mai negata, il carcere, la tortura.
Nella seconda parte, tuttavia, il film perde concisione, e il ritmo cala un po’ seguendo troppo da vicino la biografia del protagonista e, nonostante alcune scene eccezionali (l’interrogatorio al maxi processo di Totuccio Contorno, che oltre a parlare a mitraglia si esprime solo in siciliano stretto mettendo in difficoltà i giudici; o il confronto Caló – Contorno – Buscetta , dove ognuno esprime un aspetto diverso dei suoi ruoli all’interno dell’associazione) scade un po’ nella cronaca spicciola, perdendo mordente.
Un film comunque godibilissimo, con un cast davvero straordinario, anche nei personaggi minori, tutti diretti mirabilmente.
Primo fra tutti Pierfrancesco Favino, che ancora una volta, oltre a sfoggiare una recitazione tutta in sottrarre, senza sbavature o plateali esibizioni di sicilianitá, recita in una originalissima lingua siculo-anglo-portoghese, del tutto diversa dal siciliano classico, con inflessioni leggerissime e personalissime, studiate a calco sulle registrazioni originali. Ingrassato e imbolsito, regge primi piani lunghi e intensi, focalizzati sugli occhi, espressivi, mobilissimi e commoventi.
Luigi Lo Cascio è un Totuccio Contorno “nirbuso”, persino un po’ isterico, all’opposto del riflessivo e cauto Buscetta.
Una pagina terribile della nostra storia, con il maxi processo e l’omicidio del giudice (eroe) Falcone, magistrato che non strinse affatto amicizia con il boss, come sovente si legge, ma seppe rispettarne, da buon magistrato intelligente, la personalità, per poi trarne il massimo dalle confessioni.
Belle le ambientazioni, in una Sicilia antica e moderna, in Brasile, nei vicoli di Palermo; frequenti i contributi da filmati originali inseriti sapientemente, ma senza mai abusarne.
“Il traditore”, un film da vedere.