con Toni Servillo, Dustin Hoffman, Valentina Bellè
regia di Donato Carrisi. Italia, 2019

 

Un film che, alla luce della precedente regia di Carrisi, “La ragazza nella nebbia”, persino migliore del libro da cui era tratto, si immaginava animato da una discreta suspence. Leggendo poi il nome dei due protagonisti si poteva considerare la probabilità di assistere a uno spettacolo di un certo livello. Almeno nella recitazione. Niente di più sbagliato.
Sia Dustin Hoffmann che Toni Servillo sembrano abbastanza spaesati nei ruoli di due personaggi, mi si permetta, senza capo né coda. La trama è discretamente confusa e pasticciata. E non già per ingannare lo spettatore e metterlo su una falsa pista, cosa che ci si attenda da qualsiasi narrazione noir/gialla.
Semplicemente per farci arrovellare senza un vero costrutto, dal momento che anche i meno dotati di spirito poliziesco (abbiamo fatto una piccola indagine fra gli spettatori considerando anche la nostra testimonianza, auto-includendoci tranquillamente nella categoria dei meno dotati, ca va sans dire…..) hanno avuto subito ben chiara la situazione e la soluzione del mistero. Tutta la complicatissima rete che avvolge il racconto non è che un pretesto su cui costruire una impalcatura fasulla, carica di luoghi comuni, stereotipi, personaggi finti e inutili all’economia del racconto, che stanno lì solo per allungare il brodo.
Servillo al di sotto del proprio minimo sindacale. E ho detto tutto.
Hoffmann che sembra chiedersi cosa stia a fare in questo ruolo.
La protagonista Valentina Bellè senza una visione chiara del suo personaggio, che brancola affannata nel buio, preda e vittima di espressioni attoriali affastellate e senza senso.
Una regia adeguata al contesto e una sceneggiatura sulla medesima linea di sviluppo.
Da parte dello spettatore l’insopprimibile e irresistibile tentazione, mai provata prima, di andarsene dopo mezz’ora, frenata solo dalla convinzione di aver capito chi sia il colpevole e voler verificare.
L’aura di mistero che sottende le dotte filosofie legate ai labirinti (per quanto questo mostrato da Carrisi sia in realtà un dedalo, e c’è differenza) non sono che una trappola che lascia definitivamente insoddisfatto lo spettatore, senza rimedio.

 

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