Mese: maggio 2018

Recensione “Loro 2”

 

Vedere “Loro 1”.

Questo è soltanto il secondo tempo del film di Sorrentino. Non è molto diverso dal primo, qui ci sono piu’ scen(at)e dal matrimonio con Veronica che momenti pseudo glamour con le sgallettate del primo. Tristezza, ma anche momenti di humour a volte involontario.

Scena cult:

Silvione a Veronica :” Amore, di cosa state parlando con la tua amica?”.

Veronica: “Filosofia orientale. Vuoi unirti a noi?”

Silvione: “No, grazie. Devo andare a disporre alcuni bonifici”

 

Recensione “Loro 1”

Il premio Oscar Paolo Sorrentino si cimenta questa volta con una diversa “Grande Bellezza”, quella molto presunta del cerchio magico di Silvio Berlusconi, nel suo periodo d’oro (?), di premier e opposizione in Parlamento (alternati), escort e bunga bunga, Milan e Mediaset, palazzi romani e Sardegna; quindi seconda metà degli anni ‘00 di questo secolo. “Loro” sono quelli che cercavano di entrare nel suddetto cerchio magico attraverso il potere del sesso, con contorno di droga, esibito con massima volgarità.

Grande come sempre Toni Servillo, qui nella parte del Berlusca (e anche in quella di Ennio Doris, come vedremo nella seconda parte).

“Loro 1” di Paolo Sorrentino è una simbolica rappresentazione della disperazione del nostro tempo. Il film racconta i vizi e le virtù della società contemporanea in una luccicante cornice pagana, dove una cerchia di anime dannate cerca disperatamente l’illuminazione ma resta inchiodata in un inferno dantesco in piena regola dove i vizi la fanno da padrone. In una società così cinica e disperata non c’è spazio per le anime candide. Quando la posta in giuoco diventa alta, ognuno (di Loro) è disposto a passare oltre qualsiasi asticella morale. Una società dominata dall’interesse, dove ogni uomo ha un prezzo. Il regista fa vedere questo agitarsi perenne di persone in cerca di gloria, soldi, potere, che cercano di mungere lui, il Berlusca, vera figura cardine del film che avrebbe potuto anche avere come titolo “Lui 1 e 2”.

Scena simbolo all’inizo, con una pecorella che resta stecchita anzichè smarrita.

Nel film si riconoscono anche Mike Bongiorno (attore Ugo Pagliai), Noemi Letizia (quella del “papi”) mentre poi, per i vari personaggi con nomi di fantasia, si può scatenare tra gli spettatori il giuoco del “Who is who”, di abbastanza facile soluzione in questo caso, per identificare altri noti personaggi dell’epoca, sulla cresta dell’onda una decina di anni fa.

Nella prima parte della prima parte (cioè la prima metà di “Loro 1”, che è appunto la prima parte del film diviso in due) Sorrentino si concentra sul mondo che ruota intorno a Berlusconi, a partire dal mitico Giampi Tarantini (attore Riccardo Scamarcio) e dalla sua compagna (nel film dipinta in stile abbastanza zoccoleggiante) i quali, fieri delle loro adenoidi come direbbe la Gialappa’s, organizzano feste a gogo, a Roma e nella villa in Sardegna presa in affitto proprio di fronte a quella di Berlusconi, e riempita di ragazze, per accattivarsi la simpatia di lui; e poi una cerchia infernale composta da donne abbastanza ignoranti ma disposte a tutto pur di fare carriera, e uomini arrivisti e incapaci. In questo panorama così squallido si staglia e, per contrapposizione, giganteggia la figura di Berlusconi, personaggio dal fare maramaldeggiante, ambiguo ma terribilmente affascinante, per tutti tranne che per sua moglie. Le anime dannate ruotano intorno a lui in attesa di essere viste, notate, salvate. I party selvaggi in Sardegna, le feste smodate piene di droga, alcol e sesso sono solo un grido di auto-affermazione di “Loro”, un rutto di sollievo generale, in attesa di essere visti da “Lui”.

Nella seconda parte della prima parte, entra ancora maggiormente in scena Berlusconi. Ma tra i primi folli personaggi e lui, esiste pure la moglie Veronica (la brava e bella Elena Sofia Ricci), donna perennemente in crisi (e ci credo, con quel marito costantemente circondato da decine di giovani fanciulle spesso quasi nude, anzi basterebbe dire: con quel marito, a prescindere, tout court), triste, avvilita, in cerca di compensazioni culturali e filosofeggianti, e continuamente irretita da Silvione che con il suo modo di fare cerca di sorprenderla e riconquistarla in ogni modo.

Il lusso e la decadenza de “La grande bellezza” tornano qui in scena con un tripudio di corpi nudi, di piaceri mondani e di una società senza morale. In questo contesto Berlusconi se la ride, pensando a cosa sarebbe l’Italia senza di lui sulla scena politica (e imprenditoriale, e sportiva, e sociale, e di costume). Tra una canzone napoletana eseguita dal fido Mariano e una barzelletta idiota, lui imperversa leggiadro e senza alcun rimorso.

Toni Servillo come sempre domina la scena con la sua bravura, rappresentando in maniera più che credibile una delle figura più ambigue della storia d’Italia, che comunque rimane un essere meno peggio di molti di “Loro”.

 

Recensione “Molly’s Game”

La storia vera, raccontata in flash back, di Molly Bloom, solo omonima del personaggio dell’Ulisse di Joyce, per la prima regia dello sceneggiatore Aaron Sorkin. Di conseguenza, c’era da aspettarsi: bellissima la scrittura, di ferro, e poi formidabile Jessica Chastain nella parte di Molly.

Il film si basa sulle memorie pubblicate nel libro della stessa, vera Molly Bloom.

“Molly’s Game” racconta la storia di una ex campionessa di sci che, messa KO da un gravissimo infortunio subito in una gara pre-olimpica, decide di non deprimersi pensando alla carriera agonistica buttata via ma, molto disinvoltamente e fiera delle sue adenoidi, si ricicla come organizzatrice di bische milionarie per amanti del poker fino a diventare la regina del poker clandestino americano per vip e mafiosi russi, dimostrando grandi capacità manageriali e gran pelo sullo stomaco nel gestire uomini di tutti i tipi e cifre a tanti zeri.

Originaria del Colorado, dopo l’incidente sugli sci si trasferisce a Los Angeles dove, dopo una breve fase di umili lavoretti per mantenersi, spicca il grande salto di business ed inizia la sua attività semi-clandestina, che lei conduce in suite di hotel extra lusso. Nel suo portafoglio clienti ha prevalentemente star di Hollywood, produttori cinematografici, uomini d’affari. In una seconda fase della sua attività si trasferisce a New York, addirittura nel mitico Plaza hotel, e qui al solito livello di clientela si aggiunge anche un po’ di mafia russa, a sua insaputa, direbbero alcuni dei nostri politici. Non tutto va liscio. Al di là delle regole del giuoco, la cosa da sapere è che in America questa attività è lecita quando campa di mance e simili (per esempio, il bar), non lo è più se il banco trattiene una percentuale su ogni piatto della partita. Molly segue le regole fino a che le cifre in giuoco glielo consentono, ma siccome il banco ha anche la responsabilità di garantire le perdite se qualcuno non riesce e pagare, quando queste ultime ingigantiscono, per lei iniziano i guai.

Tra vari flash-back e salti temporali e spaziali, arriviamo all’arresto della protagonista ad opera dell’ FBI e al processo, ecco allora anche la convincente interpretazione dell’avvocato Charlie Jaffey (attore Idris Elba), e poi quella del papà di Molly (Kevin Costner, qui in veste di intellettuale), che spiega alcune cose del passato della figlia.

L’escalation professionale e criminale della protagonista viene presentato, nel film e anche in realtà, in sede di processo, come qualcosa che conserva una sua personale concezione di integrità. Infatti l’idea di Molly e dell’avvocato è di dichiarare il reato ma sottintendendo sempre una forma di moralità, come se Molly facesse di tutto per difendere una patente di coerenza pur dentro il destino che si è scelta. Vedi la sua ostinazione nel non fare i nomi dei partecipanti alle sue partite di poker (all’epoca, una decina di anni fa, quando il vero fatto di cronaca venne fuori, si parlò del coinvolgimento, tra gli altri vip, di star del calibro di Affleck e Di Caprio).

In conclusione, un cinema fatto prevalentemente di scrittura, quindi un film raro in questa epoca di dominio di effetti speciali ed altre scorciatoie/trappole per lo spettatore.

Come a teatro, un grande testo affidato a grandi interpreti e una regia che segue da par suo il copione, ovvero la scenaggiatura, in questo caso ovviamente, visto che regista e sceneggiatore sono la stessa persona….