L’amore conteso tra due madri, una razionale e l’altra passionale, per la loro figlia ragazzina cui spetterà di scegliere. Nel panorama della Sardegna più selvaggia, si confrontano le interpretazioni di Valeria Golino e di Alba Rohrwacher nel secondo film della regista Laura Bispuri, che si cimenta in questa drammatica storia sul tema dell’amore materno.

Certo che a vedere, in questo film, le performance di queste due attrici, che pure sono (meritatamente) nel gruppetto delle migliori a livello di cinema italiano, solo pochi giorni dopo avere assistito alla ennesima intepretazione galattica di Meryl Streep in “The Post”, viene da pensare che la suddetta Meryl potrebbe citarci tutti per uso improprio della parola “attrice”, e vincerebbe la causa ai paletti.

Come detto prima, “Figlia mia” è l’opera seconda di Laura Bispuri dopo il suo esordio con “Vergine giurata”. Questo, però, dobbiamo dire che è un film abbastanza non riuscito, dove si ritrovano amplificate le abituali difficoltà tipiche della seconda opera di quasi ogni regista. La storia è quella di Vittoria, bambina che a dieci anni scopre di avere due madri: Tina (Valeria Golino), la madre “acquisita”, solida e razionale, con la quale ha vissuto fino ad ora, e Angelica (Alba Rohrwacher), fragile e spaesata, che poi sarebbe la madre vera, biologica. Siamo in Sardegna, in contesto sociale di emarginazione, che riguarda soprattutto Angelica: sentimentalmente labile, sessualmente disinvolta, esistenzialmente uno schifo, cerca di salvare casa e cavalli dallo sfratto, tra una birretta e l’altra. Il racconto del suo alcolismo e del suo disagio è macchiettistico, ovvero la Rohrwacher non è credibile, per tacere della Golino, ancora meno verosimile. Il film narra questo rapporto tri-partisan mamma1/figlia/mamma2, e il momento topico della storia, che secondo la regista dovrebbe essere il punto di discontinuita’ che definisce un prima e un dopo nella vita della povera figlia vittima senza colpe, è quando la piccola Vittoria, in modalita’ spada, entra ed esce da una spaccatura nella roccia che, sempre secondo chi ha pensato questa scena, immaginiamo che vada letta come una vagina. Quindi una metafora, come un ritorno in utero per una nuova nascita simbolica con entrambe le madri…….

 

1 commento su “Recensione “Figlia mia””

  1. Notavo con disappunto, ma forse ci saranno ragioni legali che non conosco, che sui manifesti di Figlia mia, il nome della bambina Sara Casu non compare. Eppure è proprio lei la vera protagonista della storia, che in un duello neppure troppo a distanza fra due donne che se la contendono, riesce a dirimere la confusione morbosamente affettiva che la intrappola, con un istinto e una maturità sorprendenti. Anche come attrice protagonista Sara agisce con grande sicurezza, sempre braccata da primi piani asfissianti e in continuo movimento, che frugano nel suo sguardo, a tratti duro, ma sempre spontaneo e disinvolto. La storia, che si svolge nei pressi dello stagno di Cabras in Sardegna, dove si lavorano i muggini per trarne la bottarga, non è una storia di disagio, ma di realtà sarda, di dignitosa povertà. La madre Rohrwacher è un po’ tirata via come figura, sempre troppo ubriaca, troppo disinvolta nei comportamenti, troppo zotica, eccessiva in tutto. Mentre Valeria Golino appare il suo esatto contrario, senza per questo essere più convincente. A mio parere un film riuscito solo a metà. Un regista sardo avrebbe saputo scavare più a fondo nella realtà sociale e in quella umana dando alla storia un aspetto forse più duro, ma meno artefatto.

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